Le mille luci di Shinjuku

Innanzitutto non posso fare a meno di condividere il mio primo pranzo veramente made in Japan:  onigiri, che qui costano sui 100 yen (tipo 70 centesimi) e un dorayaki pagato anche 100 yen, in pratica il sogno di una vita che si realizza, in Italia me lo scordo di pagarli così poco.

Dopo esserci un po’ riposate decidiamo di prendere la metro direzione Shinjuku e di fare la SUICA da 2000 yen (ce n’è da diversi importi), che è super comoda, invece che stare a fare tutte le volte il biglietto ci carichi i soldi dentro e via. In metro trovo la mia prima studentessa giapponese in divisa perciò ovviamente la immortalo.

 

 

 

Le foto non bastano a far vedere quanto Shinjuku (uscita est della metro) sia bella, quando sei sovrastato da tutti quei grattacieli e quelle luci, non c’è maniera per esprimere l’emozione. A Shinjuku tutto si ammassa, è colore in un vortice, soprattutto di sera quando i neon sfavillano. Il tradizionale si mescola con il nuovo, le strade grandi con quelle strettissime. Tutto è tanto, ma stupendo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ci addentriamo in Kabukicho, il quartiere a luci rosse di Tokyo, è un pelo inquietante (a ogni porta degli altoparlanti avvertono di fare attenzione ai soldi, di non fare foto, e se siete donne di stare attente) ma è dove Shinjuku è più luminosa ed eccessiva (dev’essere un’arte giapponese lo stroppiare ma con bellezza) e nessuno ci ha disturbate alla fine.
Siamo passate in maniera discreta e abbiamo anche fatto le foto (l’importante insomma è non fare i cretini, ma questo si chiama buon senso e autoconservazione, dato che a Kabukicho gira anche la yakuza e gente che cerca di portarti in locali di dubbia attività). Non lasciatevi fermare dalla dicitura a luci rosse, perché è un posto tranquillo ma spettacolare e tutto sommato certe zone “normali” di alcune nostre città sono meno raccomandabili.

 

 

    un bar (?) con robottoni giganti con dentro sedute delle ragazze che li comandano, ebbene sì

 

 

    ovviamente non poteva mancare un intero edificio di quelli che credo siano host

 

Tornate sulla strada principale ci incantiamo a guardare i grattacieli ed entriamo da Don Qijotte, negozio a più piani, che vende di tutto, da cose normali a cose assurde, da cose utili per la vita quotidiana a cose che seriamente non avrebbero ragione di esistere, ma se stanno lì evidentemente qualcuno le compra.
Le corsie sono strettissime, la merce ammassata, riuscendo non si sa come a non risultare fastidioso e claustrofobico, ma anzi interessante; ci si perdono le ore dentro questo posto.

 

 

Milioni di tipi di ciglia finte: le giapponesi sono fissatissime con il trucco per gli occhi da quello che ho potuto vedere, molte ragazze portano le ciglia finte come trucco per tutti i giorni insieme a lenti che ingrandiscono le pupille e delle specie di cerottini che servono a tirare su la palpebra, tutto ciò per avere gli occhi grandi come i nostri … e a proposito di cose che non hanno senso di esistere, lenti a contatto con disegnata sopra Hello Kitty e vicino saponette
(credo, ma non ne sono sicura perché stavano vicino al reparto della roba porno) di ragazzi di anime che si insaponano … why?

 

 

 

 

 

 

 

(Stefylakkuma chan)

(sì, in mezzo a tutto sto marasma c’è anche il pesce essiccato)

 

Ed ecco il “cose meravigliose” di questo post:

-le pubblicità giapponesi sono super spastiche, ma le adoro, chi le progetta è oltre il geniale… oppure si è drogato pesantemente, in ogni caso sono ipnotiche.

 

cliccate qui > per vedere la pubblicità intera <  io ve lo consiglio perché è un’esperienza come poche nella vita.

Uscite camminiano verso Nishishinjuku (Shinjuku ovest)

Omoide Yokocho, una stradina strettissima dove i salary men vanno a mangiare, torneremo poi all’ora di pranzo per ficcanasare e vedere il posto nel pieno della sua attività.

 

 

Alla fine affamatissime ci fermiamo da Marion Crepes, per una delle loro buonissime crepes-porcata, io la prendo con dentro gelato alla vaniglia, fragole, panna montata e salsa al cioccolato, giusto due calorie insomma ma che ce importa.
 

Cose di cui mi sono stupita:
-le commesse/i e i buttadentro (ce ne sono tantissimi per strada) dei ristoranti sono talenti rubati all’opera lirica, provetti urlatori, raggiungono un tono di voce altissimo che non credo mi sarà mai possibile

 (due buttadentro qui in versione sbandieratori)

-il jetleg fa schifo, non che io sia stanca perché di giorno sono iperattiva, ma per ora riesco ad addormentarmi solo ad orari assurdi
-se scendiamo a NishiNippori pensando che, dato che il nostro indirizzo è di NishiNippori, magari siamo più vicine a casa e che, visto che l’altra sera siamo passate di fianco alla stazione di NishiNippori, sicuramente ritroveremo la strada di casa, abbiamo pensato male: trovata la cartina della stazione incominciamo la decriptazione (gli indirizzi giapponesi sono delle robe tipo 2-17-45 tombola) per capire verso che direzione andare. Neanche il tempo di mettere in atto le nostre arti da crittografe che un signore giapponese si ferma per aiutarci.
Sono gentilissimi e se possono aiutare lo fanno, anche di loro spontanea volontà, siamo qui da due giorni e ci è già capitato un po’ di volte che si fermassero a chiederci se avessimo bisogno di aiuto e se sei tu a chiedere un’informazione si impegnano per aiutarti, quasi con affanno, facendo una faccia seriamente dispiaciuta se non
possono.
Per oggi è tutto, per qualsiasi domanda scrivetemi pure, ci vediamo domani con:  shopping a Shibuya, un quartiere meraviglioso.

 

Se vi siete persi il post del primo giorno in Giappone: L’arte del partire o destinazione Giappone

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